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Disabilità a scuola

Spesso le persone con disabilità a scuola vengono escluse, sia dal punto di vista sociale che da quello prettamente didattico, principalmente a causa di pregiudizi a volte infondati.

Da poco si sono conclusi gli esami di maturità 2019 – e proprio da questo contesto escono due storie veramente interessanti di studenti che hanno superato brillantemente le prove: Stefano e Marta. Cosa c’è di strano – direte voi: ebbene, entrambi i ragazzi hanno la sindrome di Down e una disabilità cognitiva certificata.

Ma qual è la definizione di questa condizione?

“La sindrome di Down è un disturbo cromosomico dovuto alla presenza di un cromosoma 21 supplementare che causa deficit intellettivo e anomalie fisiche.”

Da questa descrizione possiamo capire l’importanza di ciò che hanno fatto Stefano e Marta: andare oltre le proprie difficoltà, gestendo i problemi che può creare la disabilità a scuola, dal punto di vista della socializzazione con i coetanei.

La storia di Stefano

Stefano Moneta è un ragazzo di Gorla Minore, comune nel milanese. Quando si iscrisse al Liceo Scientifico di certo non molti si sarebbero aspettati che con la sua disabilità cognitiva avrebbe concluso il tutto al meglio. Invece ha smentito chiunque non avesse creduto in lui sin dall’inizio, superando l’esame di maturità con un brillantissimo 87/100.

Uno studente è eccellente non solo se raggiunge il massimo dei voti, ma quando riesce a raggiungere ed esprimere il massimo delle sue potenzialità,

questo è il pensiero di Don Andrea Cattaneo, Rettore del “Collegio Rotondi” dove Stefano ha concluso le scuole. Il problema è che chi vive con una disabilità a scuola, spesso non ha programmi adeguati o insegnanti pronti a seguirli come “mission” principale. I successi sono tanti ma tantissimi sono i disagi che non si riescono ad affrontare per mancanza di lungimiranza, di professionalità o di organizzazione: questo modo di fare contribuisce a creare nell’alunno disabile ansia da prestazione e non può che portare a risultati negativi; quando invece i docenti – e tutto il personale scolastico – sono preparati, l’alunno disabile si sente completamente valorizzato e supportato e anche se non arriva a un 9 o da un 10,  può usufruire di ogni risorsa da mettere in gioco, anche se la valutazione talvolta è appena sufficiente. Beh, non è questo il caso! Ottantasette su 100 è un bel 9, quindi… Grande Stefano!

Una ragazza con la sindrome di Down può raggiungere il massimo?

Se dunque la scuola sa supportare in tutto e per tutto, i voti alti, quindi alte prestazioni sono raggiungibili. Badate bene, non è il fatto di considerare “obbligatorie” le prestazioni, il risultato, che un alunno può avere a scuola. Qui stiamo parlando della possibilità che una persona con disabilità mentale – un “disabile” come viene sempre erroneamente definito per accorciare (a torto) quando ci si riferisce a una persona fragile – possa realmente superare la disabilità anche solo per un voto-risultato-prestazione.

Marta Botto ce la fa

E questo è la storia di Marta Botto, una ragazza con la sindrome di Down che ha concluso in cinque anni il suo percorso scolastico all’Istituto Turistico Guala di Bra, nel cuneese, ottenendo appunto il massimo dei voti. C’è da precisare che il suo programma è adatto alle persone con il suo P.E.I. – Piano Educativo Individualizzato – quindi stiamo parlando di un programma “ad hoc”, differente da quello canonico, ma è proprio questo che si deve fare quando siamo a contatto con una persona fragile: bisogna costruirgli un mondo su misura – solo così ci si può rendere conto del gran percorso che possono avere coloro che vivono con una disabilità a scuola.

Non sei d’accordo? Pensi che seguire un piano di studi differente ma su misura sia demotivante o svalorizzante? E’ tutt’altro! Pensaci bene: quando c’è un alunno che è sulla sedia a rotelle e deve entrare a scuola, cosa fanno gli architetti per permettergli di accedere agli spazi, come tutti gli altri alunni? Costruisce degli accessi che siano su misura, cioè adatti, a chi ha una disabilità. E allora, se è normale che si costruiscano delle scuole “adatte alla disabilità” perché mai non si dovrebbero redigere dei piani educativi, dei percorsi di studio, adatti a chi ha una disabilità?

Tornando alla superlativa Marta è lodevole come sia riuscita a collaborare con la sua famiglia, con i suoi fratelli per impegnarsi a capire tutto quello che c’era da studiare e per superare qualsiasi difficoltà le si ponesse davanti.

“Superare la prova orale è stato bello ed emozionante. Diplomarmi con 100 ancora di più.”

Dichiarazioni di una studentessa dalla personalità “sicura e spigliata” – come viene definita dalla madre – che all’orale ha stupito tutti per come ha espresso ciò che aveva studiato insieme alla sua famiglia e alla sua insegnante di sostegno. Alla fine dell’esame, per festeggiare, Marta ha offerto la cena al fast food a tutta la famiglia, confermando la sua maturità, non solo come studentessa ma come persona, come adulta, appunto.

L’alternanza scuola-lavoro dà i suoi frutti

La tesina di Marta si intitolava “Il potere delle leggi” – e raccontava non solo le sue esperienze durante l’alternanza di scuola-lavoro, che quindi anche in questo caso si conferma come esperienza utile per l’alunno se “fatta bene”, ma collegava magistralmente argomenti pesanti ed importanti come le leggi razziali e l’analisi storico-artistica del quadro “Guernica” di Picasso, riferito ai bombardamenti subiti dall’omonima città durante la Guerra Civile Spagnola, che durò dal 1936 al 1939, mietendo vittime innocenti tra i civili e ponendo l’inizio al regime di Francisco Franco – terminato con la sua morte nel 1975.

“Se Marta ha raggiunto un risultato così importante, lo si deve alla grande collaborazione tra famiglia, scuola e insegnanti. Abbiamo fatto un percorso individuale differenziato, lavorando sulla sua attività mnemonica con schemi, mappe concettuali e riassunti. All’orale è stata davvero bravissima”

dichiara orgogliosa Domenica Costantino, la sua insegnante di sostegno.

Queste due storie dovrebbero farci riflettere su come si può considerare la disabilità oltre che condizione anche risorsa, perché è indubbio che l’essere disabile porti con sé delle risorse che persone senza quella disabilità non avrebbero. E questo dobbiamo ricordarcelo sempre ed evitare di discriminare le persone per un cromosoma in più. Bisogna invece dare a tutti, anche a chi è fragile, la possibilità di esprimersi, studiare e trovare i propri interessi e scoprire passioni che possono essere condivise con i propri coetanei. E, volendo tirare l’acqua al nostro mulino, qui ad Altravoce facciamo proprio questo.

Scopriamo passioni.

Cristian Petenzi e Fabio Dalceri

Volontari Altravoce

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