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Le parole giuste: Emma e la sua dislessia

La crudeltà, a volte, non ha nè età nè intenzione. E’ così che spesso nelle scuole elementari e medie vanno analizzati casi importanti di discriminazione o “semplice” esclusione sociale, senza che gli stessi bambini possano rendersi conto. Magari non si parla strettamente di bullismo, ma di certo non è piacevole essere esclusi dalla cerchia di compagni a causa di lingua, abbigliamento, difficoltà scolastiche o economiche, condizioni fisiche o mentali come la disabilità. Bastano alcune “parole giuste”, che giuste non sono, per far sentire male un compagno.

La storia di Emma e della sua dislessia

E’ così che Emma, seconda media, un po’ alla volta viene messa da parte dalla sua compagna di banco e dal gruppetto delle ragazzine più in vista della scuola. Cosa non va in Emma?

  • Una serie di insuccessi scolastici tendono un po’ alla volta a farle perdere l’autostima;
  • i problemi di salute del padre che necessita di un trapianto la rendono nervosa e poco incline alle confidenze; lei non vuole che a scuola si sappia dei suoi problemi famigliari;
  • non vuole neppure far sapere in casa delle sue difficoltà in diverse materie come pure con i compagni di classe.

Le difficoltà di Emma derivano da un disturbo molto comune a tantissimi bambini e ragazzi: si chiama dislessia, un disturbo del neurosviluppo che riguarda la capacità di leggere, scrivere o calcolare in modo corretto. In sostanza, si fatica molte volte a trovare le parole giuste, nonostante si voglia esprimere un concetto molte volte chiaro in testa.

Il problema nella lettura

Per Emma in particolare il problema è la lettura: fatica a leggere in modo scorrevole e questo implica un lavoro difficile quando si tratta di imparare a memoria una poesia o studiare una pagina di storia, di geografia o di scienze… I compagni la deridono, molte pseudo amiche la guardano con sufficienza e poco alla volta la ragazzina si sente una fallita, pensa di essere poco intelligente e diviene sempre più emarginata.

Quando poi scopre da una famosa “lista dei segreti spacciati”, che gira tra gli studenti senza che si sappia chi ne è l’autore, che proprio lei finirà nel gruppo pomeridiano RPS “Recupero, Potenziamento, Sostegno” si sente ancora più stupida e abbattuta, tanto che quando le viene inviata la lettera ufficiale dalla direzione della scuola in cui si chiede l’autorizzazione della famiglia per la frequenza del corso, la nasconde ai genitori e firma al posto loro il consenso.

L’inizio di un cambiamento

Ma proprio entrare nel gruppo RPS che tanto la fa sentire a disagio, sarà per Emma l’inizio per il proprio riscatto. “Supera le difficoltà e raggiungi le stelle (Per aspera ad astra)”, direbbero nell’antica Roma. Questo in sostanza è ciò che le dice Alessandra, l’insegnante di sostegno che le viene assegnata per superare tali difficoltà senza vederle come insormontabili, che pone alla base dei suoi insegnamenti l’entusiasmo, nonostante lo Stato la veda come una delle tante “precarie” di cui tanto si parla.

E’ Alessandra che spiega ad Emma perché leggere per lei è tanto faticoso:

“Per chi è dislessico la pagina è un muro da scalare. E’ dura anche trovare il rigo per andare a capo, leggere gli articoli e pure gli spazi bianchi tra parola e parola danno un sacco di problemi…”

Soprattutto la rassicura dicendole che ci sono tecniche che aiutano a superare questi problemi, che lei non è stupida e non è certo colpa sua se è dislessica, con pazienza e impegno ce la farà a superarli.  

Amicizie che aiutano

Emma troverà in Alessandra anche un’amica con cui confidarsi e pronta a darle una mano nel momento in cui il padre affronterà il trapianto di rene da donatore vivo, e il donatore sarà proprio la mamma di Emma.

Il gruppo RPS servirà a Emma per confrontarsi con altre storie, altre vite potenzialmente rovinate da quella patina di indifferenza e velata crudeltà che circonda il mondo della scuola: Amina che non riesce a parlare in classe e con i suoi coetanei: Filippo che ha allagato i bagni per vedere cosa succedeva, Corrado, dito di fuoco… in ognuno di loro troverà qualcosa di speciale e con Amina riuscirà a stabilire un rapporto di amicizia e persino a parlare normalmente al telefono.

Infine troverà un vero amico in Mathias, solitario, eccellente a scuola, ma da molti chiamato femminuccia solo perché va a far la spesa da solo, sa prepararsi da mangiare (nessuno si preoccupa di capire che non ha una mamma che si occupi di lui ed il padre è tutto il giorno fuori casa). Mathias sarà l’unico della classe solidale con lei; pronto a cercare di capirla, le insegnerà anche a giocare a scacchi, e sarà sempre lui a offrirle di sfilare insieme a carnevale, quando ormai le compagne l’avevano esclusa dal gruppo. Il ragazzo ha trovato le parole giuste per fare breccia nel muro eretto da Amina. Per entrambi la sfilata sarà un vero successo e l’inizio di una bella e grande amicizia.

Tutto questo è funzionale ad un concetto: le “parole giuste” non sono scritte su un libro, nessuno le ha mai pubblicate. Esse vanno scritte e applicate ogni giorno, con umiltà, secondo ciò che viviamo – e senza escludere nessuno a prescindere solo perché “il gruppo” vuole così.

Ognuno ha una storia, un vissuto, che può essere dolce o amaro, felice o tragico – e non possiamo pretendere che una sensazione a pelle verso una persona possa darci una conoscenza ampia di ciò che essa ha in testa o nel cuore.

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Emma Roma

Volontaria di Altravoce

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