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Mototerapia: terapia con due ruote?

Penso che se stai leggendo questo articolo, conosci la Musicoterapia. Se però parlassi di Mototerapia sapresti che cosa sto dicendo? Ma facciamo un passo indietro.

Ti è mai capitato di vedere almeno una volta – in televisione, su youtube o dal vivo – una gara di motocross freestyle?

Eccoti un esempio:

In questo filmato si esibisce il team Daboot, guidato da Vanni Oddera, di Savona. Vanni ha una storia sportiva importante, che lo ha portato a vincere diverse competizioni acrobatiche. Quella che oggi conosceremo insieme, però, non è la vicenda del “Vanni campione di freestyle”, ma quella dell’uomo dal cuore talmente grande da inventare una metodologia d’aiuto per i bambini ospedalizzati e le persone con disabilità: la mototerapia.

Quando vengo a contatto con queste storie, penso sempre a quando Monsignor Sequeri e la dott.ssa Licia Sbattella inventarono la Musico Terapia Orchestrale, quella che poi conosciamo tutti oggi come metodo Esagramma e che adottiamo qui ad Altravoce per aiutare bambini, ragazzi e adulti con qualsiasi tipo di disabilità – mentale o fisica.

Mototerapia: l’illuminazione

Ma facciamo un passo indietro. Mosca, 2008. Oddera ha appena vinto una gara, che gli ha portato grandi introiti economici – ed è pronto ad andare in un locale per festeggiare con gli amici. Evidentemente “su di giri”, chiama il taxi – che potremmo vedere oggi  come metafora del suo cambio di vita: non appena sale, sente un acuto odore di urina che lo fa trasalire e allo stesso tempo  stizzire. Quando però fa per rivolgersi al tassista seduto davanti, rimane stupefatto: l’uomo non ha le gambe – e svolge comunque il suo mestiere con l’ausilio di speciali comandi al volante. Qui Vanni si sente strano, di istinto dà tutti i soldi che ha con sé all’autista e cambia direzione: non più verso il locale, ma verso il suo lettuccio, in hotel. Quella notte però Oddera non dormirà.

Oddera è sconcertato: quella persona ha veramente colpito le corde della sua anima.

Perché lamentarsi così tanto delle piccole cose, quando ci sono eroi quotidiani come lui che, per mantenersi e sostenere sé stesso e un’eventuale famiglia, guidano ogni giorno immersi nelle proprie difficoltà? Il tassista sì che avrebbe avuto “qualche” motivo per insultare la vita, essere arrabbiato con il destino e chissà cos’altro.

Da qui arriva un’illuminazione che cambierà per sempre la routine di un uomo tutto “casa e pista sterrata”; poter aiutare il prossimo con ciò che Vanni sa fare meglio: andare in moto.

perché non permettere a chi non può godersi la vita autonomamente di provare a migliorarsi a bordo di una moto?

Da questo pensiero, Vanni Oddera crea la mototerapia.

Saltare oltre la malattia

“Non sono un santo come mi si dipinge” scherza Vanni. Dice poi che l’episodio del taxi gli ha svoltato la vita, risvegliandogli una sensibilità particolare, sopitasi col passare degli anni tra feste con gli amici e divertimenti vari, ma che era presente già quando era bambino.

“All’epoca ero allegro e felice soltanto se tutto il gruppo di amici stava bene. Se anche uno solo aveva qualche problema io stavo male per lui.”

Pura empatia insomma, senza aver studiato manuali o frequentato scuole particolari. Capire la natura umana ai massimi livelli.

L’idea di fondo

L’idea della mototerapia è tanto semplice quanto geniale: portare in sella con sé persone che mai potrebbero guidare una moto, o che sono bloccate in un letto d’ospedale a lottare contro un mostro più grande di loro.

La particolarità di questo approccio sta anche nel modo con il quale – lui e i suoi colleghi (da Vanni formati) – hanno nel proporla: capita spesso di vederlo entrare nei reparti d’oncologia pediatrica con la motocicletta – elettrica naturalmente – tra lo stupore dei presenti e l’eccitamento dei destinatari.

Come si vede anche nel video, i facilitatori organizzano spesso delle gare con i tricicli dei più piccoli, facendo sì che il bambino possa sentirsi un po’ Antonio Cairoli o Valentino Rossi per un breve lasso di tempo, dimenticando in quel momento malattie, dolori, flebo, chemio e pensieri negativi – lasciando spazio alla gioia e all’adrenalina, facendo quindi provare emozioni fortemente positive che possano contribuire anche chimicamente – attraverso il rilascio di endorfine – al benessere della persona fragile.

L’attività del team Daboot però non si ferma ai soli ospedali, va a toccare anche case di cura che si occupano di disabilità – e dona ai ragazzi l’opportunità di salire su un vero bolide che fa provare loro libertà ed emozioni che spesso mancano dalle loro vite.

Una realtà globale per la mototerapia

La mototerapia è nata vicino a Savona, proprio di ritorno dal viaggio di Mosca nel 2008, perché è lì che Vanni si è esibito per la prima volta davanti ad un centro disabili. I feedback che aveva ricevuto da quell’atto assolutamente spontaneo sono stati tali da trasformare il tutto in una vera e propria metodologia – e chi vuole approcciarsi al Team Daboot da lui gestito deve sapere che tutti i membri sono coinvolti in questa attività che per Vanni rappresentano più di un terzo dell’anno – parallelamente al freestyle. Racconta tra l’altro che in dieci anni si è esibito per almeno 40mila persone: un’enormità.

L’obiettivo di questi grandi uomini è di estendere il metodo in tutta Italia e fuori dai confini, cosicché più gente possibile possa usufruire di questa idea. “Ormai ci conoscono tutti, ci siamo esibiti anche per bambini ospedalizzati in Russia, Uruguay, Messico e Spagna” racconta, “inoltre ho amici anche a Maranello, perché capita spesso che un ragazzino voglia vedere una Ferrari da vicino. Abbiamo molti sostenitori che ci aiutano.”

L’iniziativa è veramente lodevole – e permette a persone con poche emozioni nella propria vita o con troppa negatività di trovare un supporto che li avvicini al benessere. E’ inoltre meritevole la quantità di tempo che Vanni toglie alla propria carriera per ripagare i privilegi che dice di sentire propri: le malattie purtroppo ci sono e rimangono, ma affrontarle con passione e professionalità permette di migliorare il mondo di quelle persone che ne soffrono e togliersi da quella malinconia e tristezza sempre presente in situazioni di difficoltà.

Viva le moto e viva la vita!

Cristian Petenzi

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