Mondo Abilità

Il Blog di Altravoce Onlus

“Ah sei un musicista.. E che lavoro fai?”

Succede ancora troppo spesso che in Italia non ci sia considerazione per il lavoro del musicista. Quante volte sentiamo le parole “ti pago in visibilità” o “anche mio cugino era un musicista, pensa te che una volta aveva una chitarra”? Diciamo che avendo scelto questo campo per lavoro, comincia a diventare pesante la situazione E questo per quale motivo? Perchè il rapporto tra Musica ed Educazione scolastica “ordinaria” è ai limiti del ridicolo.

Dall’interno ci si sente estremamente sottovalutati, poichè chi ha studiato sa benissimo il tipo di sacrifici che bisogna fare per arrivare ad un certo livello – e vedere la tua intera vita paragonata ad un hobby fa male.

Musica ed Educazione, una questione culturale

Ma smorziamo un po’ i toni, non è colpa di chi ha questi pensieri, o per lo meno non lo è totalmente. Sin da piccoli la linea educativa scolastica predominante è quella di mettere le ore di musica come ora di “svago”, dai sei ai tredici anni, senza praticamente accennare alla grandezza e alla profondità della disciplina – quindi come fa una persona che non se ne interessa in maniera extra curricolare ad intuire, in realtà, cosa rappresenti la Musica ?

E’ un retaggio che ci portiamo dietro da un bel po’. Basti pensare che Francesco De Sanctis, Ministro dell’Istruzione nel periodo dell’Unità d’Italia definiva la musica come “superflua” perché non “produceva uomini di valore, bensì buffoni”. Fa ridere riflettendoci, visto che l’intero Risorgimento ha avuto un certo Giuseppe Verdi come protagonista, con i suoi messaggi – celati e non – all’interno delle opere che inneggiavano all’Unità e aizzavano il popolo contro i dominatori austriaci. Ma probabilmente De Sanctis non ricordava. E magari aveva rimosso quei cinquecento anni in cui l’Italia era stata l’eccellenza mondiale, riconosciuta da tutti, grazie proprio a quest’arte, come il periodo in cui certi ragazzotti del centro Europa – uno a caso Mozart – usavano il libretto in italiano per le loro opere, dato che veniva riconosciuta l’assoluta importanza della musicalità della nostra lingua rispetto al più tignoso tedesco.

Il problema principale è che dal 1865 – anno di queste speculazioni – non è cambiato tantissimo, anzi. Facciamo un balzo di un secolo abbondante, nel 1979 “Educazione Musicale” fu dichiarata materia a sé stante e slegata da Storia dell’Arte.

Qualcosa cambiò? Per caso il rapporto tra musica ed educazione scolastica variò? Solo nella burocrazia, perché l’insegnamento resta bloccato ai metodi di inizio secolo, come l’utilizzo del cacofonico “flauto dolce” di plastica, utile solo per far spendere una decina d’euro ai genitori, non tenendo conto del gusto e dell’attitudine musicale di ognuno degli allievi. Inoltre l’infarinatura sulla storia è colpevolmente insufficiente, nonostante sarebbe utilissimo un percorso interdisciplinare con Storia e Storia dell’Arte, per capire il contesto socio-economico e artistico di una determinata epoca.

La Riforma Moratti del 2004 rinominò la materia in “Musica” (wow, i cambiamenti importanti.. n.d.r.) mantenendo attivo l’insegnamento triennale obbligatorio anche nei Licei psico-pedagogici, uniche scuole superiori ad avere questa norma. Ma avviciniamoci all’attuale: Riforma Gelmini – 2010 – e come a siamo messi in Italia:

  • Elementari e Medie con due ore settimanali, in cui viene propinato il flauto dolce, spesso in cover di pezzi da hit parade per catturare l’attenzione degli allievi;
  • Contesti storici sempre colpevolmente insufficienti;
  • Materia rimossa da ogni Scuola Superiore, ad eccezione del Liceo Musicale, inserito quasi come placebo a questa pesante cura anti-musicale.

Non è possibile che un Paese come l’Italia stia senza l’insegnamento della materia in maniera stabile.

Insegnare in modo accattivante

Ovviamente non tutti possono apprezzare la musica sinfonica, ma è uno scandalo che non venga favorito lo sviluppo dello spirito critico tramite non solo le note, ma il modo in cui sono state scritte. Ad esempio, per un ragazzo può risultare molto interessante la nascita della “black music” in epoca di razzismo negli Stati Uniti, che ha portato dopo innumerevoli evoluzioni al rap e alla trap attuali. Quindi, perché non partire da una canzone attuale per fare dei collegamenti con brani del passato, più o meno recente? Non sarebbe possibile fare un immenso contesto storico partendo da Lewis Armstrong, per dire, fino ad arrivare ad Eminem? Ci sarebbero molti più punti in comune di quelli che si potrebbe pensare.

Inoltre, aggiungere una colonna sonora al periodo storico che si sta studiando, ad esempio Bach mentre si sta studiando il Barocco, Verdi durante il Risorgimento, o Beethoven nel Romanticismo, di cui è stato precursore – potrebbe non solo aiutare le menti dei ragazzi a ricordare le noiose date propinate sui libri di Storia, ma potrebbe anche riscattare “la Classica” nei gusti della maggior parte dei giovani, portando appunto allo sviluppo di uno spirito critico che non sia influenzato da voci di corridoio.

Il lavoro di musicista

“Non si mangia con la musica”,

mi sono premurosamente sentito dire da una miriade di persone, compresi professori delle superiori – ed è vero in parte, per colpa di tutto ciò che ho descritto. Se tutti pensano che la materia debba essere secondaria è consequenziale che i professionisti del settore vengano in qualche modo “discriminati”, nonostante le abbondanti ore di lavoro.

Una presa di coscienza generale è una speranza forse troppo ambiziosa, ma iniziare ad istruire i bambini facendo sì che possano fruire dell’Arte in generale senza pregiudizi di sorta sarebbe importante, come lo sarebbe migliorare l’efficacia del connubio “Musica ed Educazione”.

Vorrei venisse pagato per ciò che ha fatto, quel gruppo di musicisti che va a suonare in un locale – e non in visibilità, perché con quella non ci paghi la spesa e non mandi a scuola tuo figlio.

Vorrei una riforma scolastica decente che inserisca i cenni fondamentali della Storia della Musica anche alle superiori.

Vorrei rispetto per la professione e per ciò che quest’arte rappresenta per milioni, se non miliardi di persone.

Non voglio un mondo di musicisti, ma un mondo di cui i musicisti possano far parte.

Pensiamoci bene: se i corsi ad Altravoce dimostrano che la Musica può far bene a un bambino o un ragazzo con disabilità mentale, non varrebbe la pena valorizzarla come si merita?

M°Cristian Petenzi

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