Gabriele D’Annunzio e il buio che illumina: la disabilità e il Notturno
Sai, siamo abituati a pensare a Gabriele D’Annunzio come al poeta “superuomo”, quello forte, sicuro di sé, sempre al centro dell’azione, un po’ vanitoso anche.
Ma c’è un lato di lui che pochi conoscono davvero: quello fragile, ferito, umano.
E questo lato emerge con forza in un’opera bellissima e dolorosa: Notturno
L’incidente che ha cambiato la vita a Gabriele D’Annunzio
Durante la Prima guerra mondiale, nel 1916, D’Annunzio ebbe un brutto incidente in volo: l’aereo su cui si trovava fu costretto a un atterraggio d’emergenza.
Da lì in poi, perse quasi completamente la vista da un occhio.
Per mesi rimase al buio, bendato, fermo in un letto, con dolori fortissimi. Non poteva leggere, scrivere, guardare.
Tutto quello che era, sembrava andare in frantumi.
Dal dolore nasce Notturno
Ed è proprio in quei momenti di buio che scrive Notturno. Non come prima, seduto alla scrivania in modo elegante. No. Scrive su delle strisce di carta, a fatica, con una benda sugli occhi, dettando i pensieri oppure scrivendo lentamente, quasi a tastoni.
E Notturno è così: fatto di pezzi, di frammenti, come se anche le parole fossero ferite come lui. Ma sono parole vere, intime, che parlano di dolore, di solitudine, di guerra, di memoria… e anche di forza
Il buio che diventa casa
Una frase che colpisce tanto è:
“La notte è la mia patria.”
Nel buio, D’Annunzio scopre una nuova “casa”. Una nuova visione. Non vede più fuori, ma inizia a vedere dentro. È come se quella cecità lo obbligasse a guardarsi in faccia davvero, a scendere nel profondo della sua anima.

Un Gabriele D’Annunzio diverso, più vicino a noi
Quello che colpisce è che D’Annunzio non si arrende. Nonostante tutto, continua a scrivere, a pensare, a creare. Non è più il superuomo, è un uomo e basta. Con le sue debolezze, con le sue paure. Ma è proprio per questo che ci arriva dritto al cuore.
Notturno non è solo un libro sul dolore, è un libro sulla speranza. Ci dice che anche quando la vita ci ferma, anche quando tutto si fa buio, possiamo trovare una luce. Una nuova forza. Magari più silenziosa, ma più vera.
Perché ci tocca così tanto
Leggere Notturno oggi, sapendo cosa stava vivendo D’Annunzio quando l’ha scritto, ci fa riflettere. Ci fa capire che anche le persone più forti possono cadere. Ma che anche dal dolore più grande può nascere bellezza.
E allora forse, quando ci sentiamo persi, bloccati o “al buio”, possiamo ricordarci che – proprio come D’Annunzio – possiamo trasformare il dolore in qualcosa di nostro. In qualcosa che ci cambia. E ci salva.
Giulia Gaioni
Volontaria Altravoce