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La musica in demenze e apprendimento

Musica e demenza: un argomento affascinante, che può essere importante affrontare, per capire gli effetti di quest’arte su di noi. Essa è accanto a noi, ci circonda. Non possiamo fare a meno che contemplarne l’incommensurabile grandezza, per non parlare appunto dei numerosi benefici che ha sul nostro cervello.

Quando ci troviamo a studiare, tante volte prediligiamo il silenzio assoluto, pensando che ascoltare musica e concentrarsi su un libro possa essere una distrazione troppo grande per noi, ma una ricerca degli esperti della McGill University di Montreal, Canada, dimostra come le note musicali vadano a stimolare determinate parti del cervello, che altrimenti non sarebbero sollecitate, migliorando i processi mentali che portano all’apprendimento.

Ma non solo. Secondo uno studio inglese, condotto dall’International Longevity Centre e dall’ente di beneficenza Utley Foundation le frequenze musicali darebbero benefici non indifferenti nel campo della lotta ai vari tipi di demenze – Morbo di Alzheimer in primis.

Infatti, le aree della memoria musicale subiscono meno danni delle altre nell’avanzare dell’Alzheimer, facendo sì che i pazienti possano godere delle melodie diminuendo le criticità vissute

soprattutto se i motivi ascoltati rappresentano qualcosa di più o meno importante nella vita del malato.

La ricerca canadese

Molto interessante è lo svolgimento dell’esperimento della McGill University. Sono stati coinvolti 20 partecipanti di età compresa tra i 18 e i 27 anni, chiedendo loro di scegliere delle determinate combinazioni di colori e direzioni. Alcune di esse portavano ad un suono gradevole, altre invece ad un rumore fastidioso.

La cosa interessante è che viene in qualche modo confermato il detto “sbagliando si impara”, poiché se la combinazione scelta portava al suono sgradevole, i partecipanti facevano di tutto per trovare altri modi per sentire la melodia. Gli errori di previsione che vi sono stati in questo test hanno riguardato una parte di cervello chiamata nucleus accumbens, che è coinvolta nelle elaborazioni di situazioni piacevoli.

Avendo questa funzione, l’astratto stimolo musicale ha stimolato il nucleus facendo impegnare e apprendere più in fretta quali combinazioni davano come risultato il rinforzo negativo piuttosto che quello positivo. “Questo studio suggerisce che gli stimoli astratti come la musica attivano i centri di ricompensa del nostro cervello” dichiara Ben Gold, il titolare dell’esperimento.

Se volessimo riassumere il significato di questo esperimento potremmo dire che:

la musica fa vivere situazioni ed emozioni che ci portano intenso benessere.

Lo studio inglese

Le demenze sono una piaga che riguarda se non tutti almeno molti di noi poiché malattie come l’Alzheimer ci aspettano alla soglia della terza età. La musica non può assolutamente curare queste patologie, ma di certo aiuta i pazienti e i parenti nel decorso delle stesse.

È comunque da ricordare che musica e demenza non devono per forza “incrociarsi” quando il soggetto è già malato. Essa ha infatti proprietà che permettono di ritardare l’apparizione dei sintomi delle demenze, in quanto stimolando le aree deputate alla musica si può combattere il deterioramento delle cellule nervose.

Il problema maggiore della poca diffusione della musicoterapia come trattamento complementare a quello farmacologico – nel Regno Unito solo il 5% dei pazienti può avere accesso ad una fonte musicale continua, e in Italia i numeri non sono dissimili – è che purtroppo non esiste una regolamentazione protocollare di come procedere nei casi in cui essa sia indicata come particolarmente efficace.

Serve Unione!

Ci sono sì vari metodi, varie scuole – MusicoTerapiaOrchestrale, Musicoterapia Umanistica, Musicoterapia Musicocentrata tanto per citarne alcune – ma manca un’Associazione burocratica che riconosca i musicoterapisti come professionisti a tutti gli effetti e che riesca ad estirpare i ciarlatani che sostengono di poter fare i miracoli usando le note.

Basti pensare che solo in Italia esistono due “associazioni nazionali”, di cui solo una tiene un albo dei  professionisti – e che incoraggia ahimè la divisione dei terapisti più che l’unione, poiché se sei iscritto all’albo non puoi far parte dell’altra e viceversa.

Dovremmo essere consapevoli dei pregi e i difetti della disciplina, che ormai ha la sua storia di successi e di progressi – e avere il coraggio di unire tutti coloro che scelgono di intraprendere questa strada.

Anche perchè, vedendo cosa succede quando si combinano musica e demenza, o disabilità in generale, verrebbe da pensare che è ormai fondamentale un generale cambio di mentalità.

M°Cristian Petenzi

Per bambini, ragazzi e adulti con disabilità mentale come autismo, ritardo cognitivo, sindromi genetiche. Per tutte le disabilità.

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