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Come si può spiegare ai bambini la diversità?

Come si può coinvolgere i bambini per favorire l’inclusione e l’accettazione della diversità di ognuno di noi? Una necessità tanto complessa quanto semplice, se pensiamo a quanto possano essere sensibili bambini della stessa età che condividono giornate insieme a scuola o nel tempo libero. D’altra parte è ovvio che sin dall’età più tenera i bambini sono a contatto con la diversità, sia essa etnica o di condizione psico-fisica.

I problemi di inclusione, quando siamo così piccoli, nascono perché i bambini mutuano dagli adulti atteggiamenti e modi di leggere la realtà discriminanti; ma – al contrario – se un bambino è educato alla bellezza e all’amore, non accade che di sua volontà si metta a isolare chi sente più fragile o diverso da lui.

Molto spesso a scuola le classi sono formate proprio allo scopo di includere bambini di diverse etnie, culture ed estrazioni sociali. Capita anche che siano presenti bambini con disabilità fisica o mentale.

Come affrontare il tema disabilità

Tante volte i bambini si guardano intorno con curiosità e voglia di apprendere. Ad esempio, poniamo che in classe ci sia un ragazzo sulla sedia a rotelle: è naturale che non passi inosservato poiché in quella classe nessuno ha la sedia a rotelle.

E lì possono partire le domande “delicate”, da parte di quei bambini che non sono in quella condizione.

E’ importantissimo non sviare il discorso, perché “bambino piccolo” non è mai sinonimo di “innocente”; fin dalla più tenera età siamo estremamente ricettivi ed intelligenti, come dimostrano le ricerche. Dunque si potrebbe iniziare dal lessico, ad esempio.

Se si inizia – già dall’infanzia – a sentire termini come “handicappato”, usato per di più come insulto, è molto più difficile che si possa crescere in un clima d’inclusione e accettazione dell’altro; e accettare l’altro significa saper accettare sé stessi.

Con la diversità i bambini non hanno un rapporto di negatività, ma generalmente di curiosità. Tutto ciò che esula dall’ordinario porta chiunque a farsi domande a cui sarebbe importante rispondere, guardando in faccia alla realtà dei fatti:

  • E’ assolutamente inutile se non dannoso negare che una determinata persona possa essere in una condizione di disabilità per evitare altre domande.
  • Allo stesso modo, a scuola, bisogna evitare di “ghettizzarla” troncando le domande che i compagni potrebbero fargli. Anche se quei quesiti ad un adulto potrebbero sembrare inopportuni, è necessario considerare che certe volte i bambini hanno un modo differente di esplorare la diversità. E approfondire quel tema che per l’adulto sembra scomodo, è sempre fonte di ricchezza poiché il bambino entra in quella profondità alla quale ambiva con quella stessa curiosità a noi espressa.
  • E’ utile parlare sinceramente quando si arriva a contatto con la diversità. Le differenze, se capite, possono essere importanti opportunità di crescita reciproca attraverso la comprensione.

Spiegare giocando

Prendiamo come esempio Annalisa Falcone, un’educatrice che nel suo blog riporta i suoi pensieri e i casi particolari che le capitano al lavoro.

Per spiegare la disabilità ad un gruppo di bambini, si è servita di una casetta di plastica con buchi di diverse misure, nei quale infilare dei solidi di una determinata forma.

Quando la Falcone ha visto i bambini confusi dalle difficoltà d’apprendimento dei compagni con disabilità mentale, ha utilizzato questo giocattolo, dicendo loro:

“Ognuno di noi ha una porticina speciale, dalla quale entrano le cose nella testa. Chi ce l’ha a stella, chi quadrata: bisogna cercare la forma giusta per tutti.”

Pensandoci, è abbastanza ovvio. Lo diceva anche Einstein che non si possono usare gli stessi canoni per tutti, o si finisce a giudicare male un pesce che non sa salire su un albero o un piccione che non sa nuotare.

Tutti devono essere messi nella situazione migliore per dare il massimo di sé nella vita.

Diversi ma uguali

Ad Altravoce, facciamo proprio questo. Ci occupiamo di disabilità diverse, di persone diverse tra loro – ognuna con le proprie esigenze e con le proprie potenzialità.

Sta a noi decidere quale sia la strada migliore per l’apprendimento delle nozioni, tenendo conto delle capacità di ognuno.

La sincerità riguardo al tema bambini e diversità è quella carta da giocarsi per permettere loro di espandere la loro “comfort zone”, e abbandonare quei pregiudizi che non farebbero bene a nessuno.

Durante l’infanzia non è raro vedere bambini di diverse nazionalità giocare assieme, in contesti nei quali si valorizzano sia le differenze sia i tratti in comune. A chi importa del fatto che quel bambino parli da solo, se quando giochi con lui vi divertite entrambi? E le barriere linguistiche o di comunicazione (nel caso dell’autismo)? Superabilissime, come l’ambito musicale insegna. Quando sappiamo usare un linguaggio universale le diversità si uniscono.

Se dunque sin da piccoli si viene educati al rispetto e alla tolleranza, la voglia di vita sociale dell’essere umano fa il resto.

Non può giocare a pallone? E’ possibile trovare un’altro ruolo a quel bambino.

Ha difficoltà nel parlare o non sente? Ci si fa capire a gesti.

Non ci vede? Lo si accompagna con il braccio.

La diversità esiste, ma non è mai una cosa negativa. Se il mondo fosse tutto uguale, sarebbe come un quadro dipinto solamente di grigio, senza le sfumature che lo rendono speciale.

La cosa importante è spiegarlo ai bambini in questo modo, per evitare che crescano con i malsani assilli della discriminazione.

Cristian Petenzi e Fabio Dalceri

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