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Dislessia e bambini: il problema degli smartphone

Ah la tecnologia, croce e delizia di questo incredibile XXI secolo! E pensare che con l’isolamento e la quarantena è molto più facile cadere nell’uso spropositato di computer, tablet e smartphone. E con i bambini come la mettiamo? Che relazione c’è tra bambini e dislessia?

Come evidenziato da La Repubblica, già prima dell’arrivo del Corona virus eravamo soggetti alla dipendenza tecnologica:  il fatto di dover attendere qualcosa o qualcuno, oppure di svolgere compiti ripetitivi e poco interessanti, o ancora ritrovarsi in situazioni sociali imbarazzanti ci inducono a usare troppo app e social; soprattutto, come sappiamo, sullo smartphone.

Così come il pensiero che sta dietro alle app, ovvero l’automazione di pensieri e azioni, ormai anche noi “pensiamo” e soprattutto ci comportiamo allo stesso modo. Risulta difficile pensare ad una vita senza computer, internet, smartphone e tablet. La cosa incredibile è che fino a 15 anni fa nessuno aveva idea di come coniugare la tecnologia del touchscreen con dispositivi mobili. Ancora meglio, fino a 25 anni fa solo pochi eletti potevano permettersi un cellulare. E se ci pensiamo, 40 anni fa neanche esistevano questi dispositivi. 

150 volte in un’ora

Siamo in un’era di innovazione continua e nevrotica, e se prima del covid-19 potevamo dividere la popolazione fondamentalmente in due parti – gli innovatori e chi invece, per paura o non conoscenza, snobbava quasi al 100% la tecnologia – ora anche questa seconda fascia si sta tecnologizzando. 

Sempre di più, quindi, anche i bambini si ritrovano ad avere dei modelli di comportamento, da parte degli adulti, nei quali è assolutamente normale guardare il cellulare per 150 volte all’ora (dato rilevato da un’interessantissimo documentario di Eva Orner). 

La ricerca: dislessia e bambini

Una ricerca canadese, presentata al 2017 Pediatric Academic Societies Meeting, afferma che i bambini che sin da piccolissimi interagiscono per troppo tempo con computer o tablet possono sviluppare ritardi o difficoltà di linguaggio, alla base di patologie come la dislessia e gli altri Disturbi Specifici appunto. Si è calcolato che in un campione di 900 bambini tra i 18 mesi e i 2 anni, il 20% di essi passava un tempo di 28 minuti al giorno su questi schermi. Per chi invece ci passava in media 58 minuti nell’arco della giornata di media si è notato che nel 49% dei casi mostrava ritardi nello sviluppo del linguaggio, tra cui il mancato o limitato uso di parole per attirare l’attenzione dei genitori.

“Ci siamo occupati di esaminare il rapporto fra iPad e i problemi di linguaggio nei bambini” spiega Catherine Birken, prima autrice della ricerca all‘Hospital for Sick Children di Toronto.

La dislessia e i DSA si possono prevenire

Di questi tempi, è frequente che a un bambino vengano riconosciuti  Disturbi Specifici di Apprendimento: ovvero la difficoltà nel leggere, scrivere o calcolare, o comunque nel differenziare i vari elementi del linguaggio.

C’è però un modo per prevenire che i nostri bambini siano messi a rischio dislessia e, più in generale, dai Disturbi Specifici di Apprendimento.

Più di cinquant’anni di ricerca di Edwin Gordon confermano che apprendere o studiare musica in tenera o tenerissima età stimola alla creazione di nuove sinapsi per il cervello. Già di per sé la musica permette questo “sviluppo”, ma più si è piccoli, maggiore è la plasticità, e dunque la musica risulta ancora più efficace. Il cervello essendo molto plastico viene modellato dagli stimoli facilmente. Nel caso della musica – rigorosamente senza immagini, quindi senza video! – le sollecitazioni sono dunque tutte positive.

Chi può aiutare i bambini

E chi può aiutare il bambino ad avvicinarsi a questa panacea? Si proprio così:

la famiglia.

Ovviamente ogni famiglia ha i propri impegni – e soprattutto lavorando da casa, ora che c’è l’isolamento da covid, è facile che un bambino venga lasciato davanti ad uno schermo mentre i genitori adempiono ai loro doveri lavorativi.

Tutto questo non vuole tendere a demonizzare la tecnologia in sé, ma l’uso che ne facciamo. Dobbiamo avere un campanello d’allarme e renderci conto quali siano gli effetti che smartphone e tablet possono avere sulle menti più suscettibili, inclusi dunque i bambini.

E con l’avanzare dell’età?

Sono cose che si conoscono, ma ce le dimentichiamo sempre più spesso. Avere in mano libri di carta, leggere e leggiucchiare, avere a che fare con le parole anche se non si è in età scolare, saper suonare uno strumento o comunque avere a che fare anche con la musica – permette di evitare ritardi nello sviluppo del linguaggio, di mantenere il cervello abile.

Dobbiamo sapere che se nostro figlio ha problemi di dislessia è importantissimo precisare che i disturbi possono essere corretti o comunque gestiti, ottenendo risultati ottimali, quasi come se non si soffrisse di tali disturbi, come sostenuto anche da uno studio dell’Università di Washington.

I Disturbi di Apprendimento possono essere corretti

In questa ricerca si sono presi come campioni 24 bambini e ragazzi tra i 7 e i 12 anni con disturbi di questo tipo – e sono stati sottoposti a Risonanza Magnetica al cervello, per evidenziare principalmente tre aree di quest’ultimo: il fascicolo arcuato (sinistro), che connette due centri del linguaggio, l’area di Broca e l’area di Wernicke; il fascicolo longitudinale inferiore (sinistro), altra struttura importante per la lettura – e le connessioni callosali posteriori, coinvolte nell’elaborazione delle informazioni visive.

Dopo otto settimane di studio intensivo si è visto come i bambini avevano migliorato le abilità di lettura – e i risultati delle RM hanno evidenziato come erano aumentati d’efficacia il fascicolo arcuato sinistro e il fascicolo longitudinale inferiore, in quanto l’area preposta agli stimoli visivi rimane stabile in persone di quell’età.

Dunque cosa aspetti? Trova un qualcosa che non sia “visivo digitale”. In fondo la formula è analogico+musica+libri e parole=stare bene.

Fabio Dalceri e Cristian Petenzi

Guarisce dalla leucemia anche grazie alla musica

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