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Disabilità e Musica: perché funziona il metodo Esagramma

L’originalità della teoria della filosofa Susanne Langer, spiazza i due luoghi comuni più frequenti quando si parla di disabilità e musica nel rapporto tra musica e sentimenti – e musica e linguaggio.

Con le sue due opere – “La filosofia in una nuova chiave. Linguaggio, mito, rito e arte” e “Sentimento e forma” – la Langer ha inconsapevolmente posto le basi per la Musicoterapia Orchestrale a Metodo Esagramma.

Susanne Langer, prima donna ad essere riconosciuta professionalmente come filosofa americana.

Tre punti

Secondo il prof. PhD Licia Sbattella, infatti Susanne Langer identifica tre punti di contatto:

  1. i suoni
  2. i sentimenti
  3. il linguaggio

Questi, sono correlati tra loro e non è vero che – come invece accade nel 99% delle volte nei corsi di musicoterapia, soprattutto di carattere umanistico – c’è una corrispondenza tra musica e stato emotivo.

La Langer, infatti sostiene che la musica lavora sintatticamente (e non semanticamente) con il mondo sonoro e, soprattutto nell’ambito di disabilità e musica, questa diventi mezzo e non il fine.

Cosa vuol dire che la musica è il mezzo, per chi è disabile?

La nostra mente è abituata ad associare un significato a qualsiasi evento. Per noi, come esseri umani con o senza disabilità è strano concepire il contrario. Funzioniamo infatti “per attaccamento” <<affettivo e mentale>> dice Sbattella ne “La Mente Orchestra“.

la mente orchestra libro

Ma <<sembra particolarmente duro il pensiero di qualcosa che può essere conosciuto ma non identificato nominalmente>>. Ovvero il fatto di fare musica inclusiva (come accade qui ad Altravoce per bambini, ragazzi e adulti disabili), è già un evento che di per sé porta oltre i propri limiti, la persona con fragilità. La condizione necessaria che questo accada, però, è che la musica e le relazioni siano autentiche e intelligenti, e obbligatoriamente – almeno nella prima fase del percorso – di gruppo.

disabilità e musica in gruppo

Perché la musica è diversa dal linguaggio verbale

Se fosse vero che “le canzoni allegre rendono mio figlio allegro”, ovvero che ad una musica possa corrispondere solo uno stato d’animo, o sempre “quello” stato d’animo, allora la nostra mente sarebbe in grado di tradurre perfettamente la musica, tramite il linguaggio verbale. Ma ciò non accade, poiché “l’arte di tutte le arti” va oltre – e <<non siamo in grado di elaborare>> il vissuto – nessun vissuto – nel suo accadere.

La musica non rivela lo stato emotivo del compositore>> – continua Licia Sbattella – piuttosto quanto questo sia stato capace di <<qualità immaginativa nei confronti del sentire>> (qui inteso come sentire emotivo, in tutta la sua profondità).

Nel mondo del sentire emotivo (<<nelle Forme del Sentire>>) in generale, non posso “inventarmi” di essere felice poiché <<il sentimento si accende o si estingue, si compie o si esaurisce in rapporto a ciò che lo fa vivere o morire>>. Contrariamente, nel mondo della musica – dunque con la Forma della Musica – posso invece suonare, cantare, vivere infinite forme musicali.

Anche per i bambini disabili gravi, la musica viene dunque vissuta come una serie di eventi ricchi e complessi (i suoni, il ritmo, le relazioni tra di essi, le relazioni tra i musicisti, quelle tra i musicisti e gli strumenti, tra gli ascoltatori, ecc…) ed è per questo che è valida anche nelle forme di fragilità importante e mancanza della parola: perché <<la musica rimane inafferrabile per il linguaggio>> ed è per questo che funziona anche con chi ha difficoltà di pensiero o di parola. Le sue forme sono percepite dalla mente con ambivalenza simbolica, cosa che il linguaggio, di per sé, non può avere. E la mente ne percepisce i molteplici significati inconsapevolmente. Potremmo dire: “senza capirla”.

La musica non si può capire

Se conosci Sibaldi saprai anche l’importanza del non capire. “Capire” deriva infatti dal latino capĕre, ovvero “far stare dentro”. L’autore lo identifica come <<avere la possibilità di entrare o stare in un luogo>>. Ora parafrasiamo brevemente: se noi vogliamo capire la musica, vogliamo poter entrare linguisticamente in essa, contenerla. Razionalizzarla. Ciò però non è possibile.

Nell’atto del capire, la mente vuole far stare qualcosa all’interno di uno “spazio” che per definizione, non è illimitato e infinito. La musica invece attrae anche il bambino con disabilità intellettiva dovuta a paralisi cerebrale perché è più grande di ciò che la mente delimita all’interno della propria conoscenza. E’ qualcosa di infinitamente più grande, che va oltre, proietta e allarga all’infinito anche la persona disabile.

Ogni volta che “capiamo”, minimizziamo il senso di ciò che stiamo vivendo. Ogni volta che diamo un nome, “che sappiamo”, limitiamo le infinite possibilità della percezione. Se capiamo qualcosa, se lo inscatoliamo, spegniamo la fiamma ardente della ricerca di ciò che è oltre quello che vediamo.

Cosa vuol dire capire-capere: facciamo un gioco

Prima di tutto, promettimi di non scorrere in basso la pagina.

Ti toglieresti tutto il divertimento.

Guarda questa immagine qui sotto.

disabilità e musica la gestalt

Cosa rappresenta?

Un ammasso di numeri?

Bene. Adesso dimmi cosa vede la tua mente.

Vedi lo stesso “ammasso di numeri” o vedi la Sardegna?

Ora riprova a riprendere la prima immagine, l’ammasso di numeri. Cosa vedi? Numeri o Sardegna?

Scommetto che percepisci solo la nostra amata isola e non più il groviglio numerico. Questo perché la mente, una volta che capisce (una volta che limita con il capire-capere), non torna più indietro.

Con la musica, la mente non lavora allo stesso modo. Anche il Pirandello scriveva: <<ciò che conosciamo (capiamo) di noi è solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa>>. E’ la stessa cosa che accade con la musica.

disabilità e musica

Cos’è il semantico dell’esperienza

Come sai dagli altri nostri articoli sulla musicoterapia e la Musicoterapia Orchestrale, c’è molta differenza tra ascoltare e suonare. Distinguiamo infatti tra musicoterapia attiva (quando si suona) e passiva (quando si ascolta). In generale, ma soprattutto quando la persona con disabilità suona e risuona con la musica, il modo in cui l’esperienza viene vissuta, <<è articolata dalla psiche tramite>> le relazioni e non solo tramite rappresentazioni. La mente del bambino disabile – se la musica è intelligente e di gruppo – risuona grazie <<alla complessità polifonica, al modo suggestivo e pregnante>> ciò che invece con il linguaggio risulterebbe confusionario e senza significato.

In poche parole la musica permette di percepire ciò che non è pensabile in altro modo. E va oltre alla dimensione del comunicare: può far vivere alla mente ciò che non esprimibile con parole o concetti.

Musica Disabili Altravoce

M°Fabio Dalceri

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