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MusicoTerapia Orchestrale: Affiancamento

Affiancare significa “stare al fianco di qualcuno”. Stargli vicino, insomma. Aiutare, sostenere, sia a livello fisico che a livello psicologico. Oggi andremo a parlare di una figura importantissima nel contesto della MusicoTerapia Orchestrale: l’educatore specialista che affianca un ragazzo con disabilità.

La Figura

Lo specialista (musicista, psicologo, etc) che suona nel gruppo MTO cerca forme sempre più raffinate di espressione con ciascuno strumento. Questo permetterà forti guadagni a livello personale, riabilitativo e relazionale. Ciascuno strumento ha infatti proprie caratteristiche. Conoscerli tutti a fondo, significa sapere che beneficio se ne può ricavare e in quale situazione può risultare maggiormente utile. Il fine è sempre quello educativo-riabilitativo:

  • permettere ad un ragazzo con disabilità di sfruttare al meglio ciò che la Musicoterapia offre,
  • scoprire il proprio comportamento musicale,
  • elaborare la risonanza,
  • scoprire il sé più profondo.

Colui che affianca, oltre a suonare differenti strumenti, deve essere in grado di affiancare differenti allievi. Così facendo, questa tecnica diventa una fonte di riscoperta e rinnovamento per entrambi.

Altra cosa importante è: nessuno è lì prima di tutto per aiutare qualcun altro a suonare o prima di tutto per osservare. Tutti suonano e osservano, e se tutti suonano e osservano l’affiancamento reciproco, intesa, capacità espressiva e dialogica non possono che migliorare. Ad uno sguardo esterno superficiale il gruppo appare come un insieme di coppie “educatore-allievo”. In realtà questo stile a due può essere usato solamente nei momenti in cui si ha necessità di studiare un singolo gesto o frase, o di consolidare i risultati ottenuti. Niente di più. Se così fosse, l’immagine della persona con disabilità non migliorerebbe né ai propri occhi, né agli occhi altrui e il lavoro sarebbe vano. Lo sforzo è infatti quello di suonare cercando di entrare in contatto con l’altro per essere in sintonia con l’intero gruppo-orchestra.

Insieme Si Può!

Non esistono criteri univoci che stabiliscono quando “sorreggere” il ragazzo e quando lasciargli totale autonomia pur restando accanto. Possiamo individuare delle raccomandazioni, base del prezioso e complesso lavoro di colui che affianca.

  • infondere passione nel proprio intervento: può essere fonte di ispirazione per il ragazzo!
  • essere coerenti, ma anche duttili: alle volte serve cambiare rapidamente il tipo di intervento per agganciare, sostenere o correggere l’intervento del ragazzo.
  • Non a parole, ma in Musica! L’uso del verbale deve essere limitato a favore di altre forme di espressione! (ammiccamento, sguardi, piccoli gesti d’intesa)

Esistono alcuni accorgimenti, quali:

  • non chiedere qualcosa che non sia stato fatto ascoltare prima
  • invitare al coinvolgimento e all’imitazione

Essendo l’imitazione fondamentale, è necessario produrre un suono che veicoli un significato a livello ritmico, dinamico e armonico. Al ragazzo arriverà, con il tempo, il messaggio, e si potrà entrare in sintonia. Solo successivamente si va a curare il gesto, eventualmente aiutando l’allievo nella produzione del suono. Come? Guidando la sua mano durante il gesto, lasciando però che sia lui a produrre il suono autonomamente.

Ragazza ed Educatrice

Affiancamento Nella MusicoTerapia A Forme Di Disturbi Dello Spettro Autistico

Nonostante la grande differenza che caratterizza i disturbi dello spettro autistico, possiamo tracciare delle linee guida che aiutino nell’affiancamento ad un ragazzo con questo tipo di disabilità. Il giovane con autismo, spesso, fin dal colloquio di presa in carico, così si esprime:

  • prolungata esplorazione dello spazio orchestra
  • rapido avvicinamento strumenti
  • gesti improvvisi per impugnarli
  • rapidi suoni
  • molte stereotipie
  • brevi e fugaci sguardi

Si nota anche una scarsa tenuta di attenzione. Questo è un fattore che si può migliorare con accorgimenti quali: tenere alta la musicalità nel gruppo e un buon posizionamento che permetta a educatore e ragazzo, durante la lezione, di cambiare strumento rapidamente per essere sempre presenti e risuonanti. Fino a che gli interventi non saranno spezzati, ma percepiti come una sequenza di timbri e voci differenti. E’ fondamentale tenere conto del ruolo protettivo che i grandi strumenti possono assumere.

Può essere utile inizialmente aiutare a produrre i primi suoni, al fine di invogliare a proseguire. L’aiuto, se breve e musicale, risulta utile anche quando genera l’immediato abbandono dello strumento da parte del ragazzo o stereotipie di protesta. Non bisogna scoraggiarsi!

Cercare (in modo morbido, veloce e sensibile) l’intervento preciso e ideale insieme all’allievo, per poi lasciarlo e porci nuovamente al suo fianco. Ecco la sequenza ideale di azione.

Alle volte i momenti di conquista sono accompagnati da allontanamenti. Ad esempio, un ragazzo che ha regalato all’orchestra una splendida arcata lunga per la prima volta, si è improvvisamente alzato abbandonando lo strumento. Si tratta di un modo per gestire i momenti difficili, per riuscire a contenere la gioia di esserci stato, di essersi sentito.

Per quanto riguarda invece la stanchezza, soprattutto nel primo anno, può capitare che i tempi di tenuta siano ridotti a 10-15 minuti. E’ importante che il lavoro, poco o tanto che sia, non venga compromesso dalla successiva stanchezza e dai suoi segnali (urla, stereotipie, desiderio di interrompere). Per questo è necessario che l’educatore sia uno specialista che sappia quando interrompere senza insistere. Un momento di pausa in silenzio, in ascolto, anche senza interventi è segno di partecipazione e interesse.

Affiancamento Nella MusicoTerapia In Presenza Di Difficoltà Motorie, Sensoriali O Intellettive

Il timore di non farcela porta spesso una persona con difficoltà motorie, sensoriali o intellettive a negare la difficoltà. Oltre agli accorgimenti elencati sopra, in questo caso risulta molto utile dare un deciso incoraggiamento a non rifiutare la novità e a impadronirsi di nuove tecniche. Mostrando esplicitamente le tappe da seguire, adottando flessibilmente strategie di compensazione alle difficoltà. Gratificando le modalità personali e personalizzate che portano a risultati.

E’ necessario prestare attenzione allo sviluppo del comportamento musicale e relazionale, anche se a prima vista il ragazzo con disabilità motoria, sensoriale o intellettiva può apparire composto e disponibile.

E’ spesso presente il desiderio di agire per corrispondere ai desideri del direttore o dell’equipe. Questo processo mentale va sorvegliato affinché le conquiste diventino vero bagaglio personale e non modo per essere accondiscendente e compiacere gli altri.

Alle volte nel gruppo capita, soprattutto con bambini, che qualcuno si proponga a “assistente del direttore”. Benché questo dimostri interesse, è da evitare per mantenere le buone dinamiche del gruppo orchestra, dove ciascuno ha il suo posto indipendentemente dalla gravità della disabilità e dalle capacità. Questa compresenza di differenti disabilità, alle oltre porta i genitori di ragazzi con una disabilità lieve a chiedersi se la cosa sia appropriata. I timori si sciolgono generalmente nell’arco di un anno, quando diventa evidente che ognuno ha tipo di lavoro e attenzioni personalizzate sulla base dei bisogni, valutati e aggiornati sempre da una equipe di specialisti.

I percorsi di MTO risultano efficaci anche per chi ha una lieve disabilità e che, in un normale corso di musica, sarebbe purtroppo rilegato a 2fanalino di coda” in quanto non ancora pronto emozionalmente e psicologicamente benché capace. I nostri percorsi, invece, offrono un periodo di conoscenza di sé, delle proprie possibilità, delle voci strumentali più gradite. Il tutto unito all’insegnamento di strategie efficaci per gestire sé e il proprio rapporto con gli altri.

Giada Franzoni

Guarisce dalla leucemia anche grazie alla musica

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