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Il Blog di Altravoce Onlus
Mini supercar

Bambini ospedalizzati a bordo di una mini-McLaren

Uno dei bisogni dei bambini ospedalizzati è trovare qualcosa che li aiuti a vincere la paura agli interventi. L’ospedale Filippo Del Ponte di Varese ha scommesso su una mini supercar, per portare i bambini in sala operatoria. Una delle ultime idee per fargli passare la paura degli interventi. Ha collaborato con loro l’Onlus «Il Ponte del Sorriso», che ha donato all’Ospedale una McLaren elettrica. Nuova fiammante. Nera. Dotata di radio e di telecomando.

Le preoccupazioni dei più piccoli amplificate da…

“Quando un adulto vede un bambino preoccuparsi per qualcosa, spesso sorride pensando alla banalità del problema. Ma così facendo trascura il fatto che il disagio maggiore non è dato tanto dalla serietà oggettiva della questione da risolvere, quanto piuttosto dal senso di solitudine e di impotenza che quel bambino prova in quel momento. E in realtà quel sorriso bonario, anziché aiutare, può giungere a incrementare proprio quel senso di inadeguatezza che costituisce l’ostacolo principale da superare. Le preoccupazioni affrontate dai più piccoli sono spesso amplificate proprio dalla incapacità degli adulti di comprendere i loro vissuti e quindi di rispondere adeguatamente ai loro bisogni di sicurezza.”

Tratto da “Ti racconto il mio ospedale. Esprimere e comprendere il vissuto di malattia”, di F. Bianchi di Castelbianco, M. Capurso, M. Di Rienzo – Edizioni Magi, 2007

Quindi, c’è anche il bisogno di sicurezza dei più piccoli, che si aspettano da parte dei genitori e parenti. Ci sono molti modi per preparare un bambino al ricovero in ospedale come ad esempio:

  • Spiegare al bambino il ricovero ospedaliero
  • Parlare al bambino dell’ospedale
  • Rassicurare al bambino che non sentirà niente durante l’intervento o le cure mediche.
  • Fagli sapere che potrai dormire accanto a lui in ospedale.
  • Incoraggialo a portare qualcuno dei suoi giochi preferiti, pupazzi o DVD in ospedale.

Se vuoi approfondire l’argomento, puoi leggere anche: come affrontare il trauma del ricovero ospedaliero di un piccolo paziente, scritto da AISMAC Onlus.

“Distrazione” come parola chiave per i bambini ospedalizzati

Per tutti, ma specialmente per i più piccoli. L’intervento chirurgico è uno dei passaggi più difficili da affrontare all’interno dell’ospedale. Perché genera un forte stato d’ansia. Per ciò la parola chiave è “distrazione”. I volontari dell’associazione Il Ponte del Sorriso – che da anni sostiene attivamente i piccoli ospiti dell’ospedale varesino – hanno ideato un gioco speciale: un mini bolide da corsa che i piccoli potranno guidare per arrivare al blocco operatorio.

bambini ospedalizzati

“Guidare una potente auto fino alla sala operatoria è un buon modo per tenere la paura sotto controllo – spiega Emanuela Crivellaro, presidente della Fondazione Il Ponte del Sorriso – La McLaren è un mezzo fantastico che consente ai piccoli di superare, attraverso il gioco, quella soglia altrimenti così faticosa da varcare”. Perché invece di farlo passivamente su un lettino. Il bambino ha la possibilità di guidare, dirigendosi autonomamente verso la destinazione.

Guarire giocando…dare serenità e bellezza ai più piccoli

«È la prima di un parco macchine che verrà presto incrementato. Aiutare i bambini a guarire giocando fa parte della nostra mission ed è la filosofia sulla quale si basa tutta la nostra attività. Un intervento chirurgico è, per un bambino, un momento molto delicato che se non affrontato con le dovute attenzioni può diventare un evento traumatico. Il gioco, in questo caso un’automobile, è lo strumento che permette al bambino di rapportarsi più serenamente con una realtà difficile da comprendere e accettare», spiega la presidente della Fondazione.

«Cerchiamo di dare serenità e bellezza ai bimbi anche nei momenti più difficili, come può capitare quando si è ricoverati in ospedale. Crediamo che la cura di una persona, a maggior ragione se in crescita e in divenire, debba avvalersi non solo di farmaci e strumentazioni tecniche, ovvero di scienza, ma anche di empatia e relazione, cioè col cuore», racconta il professor Massimo Agosti, direttore del Dipartimento materno-infantile di ASST Sette Laghi.

bambini ospedalizzati

Attraverso il gioco i bambini ospedalizzati affermano la voglia di vivere

L’idea di poter affrontare un momento così delicato attraverso il gioco, l’evasione fantastica, la possibilità di potersi muovere in autonomia verso la sala operatoria, «ridà al bambino un grande senso di controllo ed un ruolo attivo, permette di non sentirsi solo un paziente che si sottopone a medicazioni e terapie ma di tornare ad essere bambino, capace attraverso il gioco di affermare la voglia di vivere, reagire al meglio di fronte alla malattia e accedere alle proprie risorse creative positive riattivandole per affrontare la situazione», conclude il dottor Valerio Gentilino, direttore della Chirurgia pediatrica.

Il progetto lanciato al Del Ponte rientra nel percorso di evoluzione avuto negli ultimi decenni “dall’approccio alla cura dei bambini ospedalizzati, che ha portato a una visione sempre più focalizzata sull’integrazione tra competenze cliniche e specialistiche e aspetti psicologici ed emotivi – conclude il direttore della Chirurgia pediatrica dell’ospedale varesino – Questo cambiamento di prospettiva ha portato a un passaggio cruciale dall’assistenza medico-sanitaria puramente tecnico-assistenziale a un approccio più attento agli aspetti di relazione e all’umanizzazione dell’iter ospedaliero“.

Avvaliamoci da empatia e relazione oltre che dalla scienza

Tanti dei nostri bambini, ragazzi e adulti con disabilità devono affrontare anche loro la difficile realtà di andare in sala operatoria per subire un intervento. L’idea che è stata proposta e poi messa in atto dalla fondazione Il Ponte del Sorriso può aiutare a far uscire dei bei sorrisi a quei pazienti prima di entrare in sala operatoria.

Siamo d’accordo col professor Massimo Agosti e crediamo che la cura di una persona debba avvalersi non solo di farmaci e strumentazioni tecniche, ma anche di empatia e relazione, cioè col cuore. Per questo motivo durante il percorso base riabilitativo del triennio di Musica Inclusiva Orchestrale ha a disposizione degli educatori, operatori e musicisti che ci mettono il cuore nel loro ruolo.

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Katherin Sanchez

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